Il Presidente degli Amici del Quartetto Guido A. Borciani Dott.Fabrizio Fiori rivolge un caloroso saluto ai componenti dei numerosi Quartetti intervenuti e agli altri ospiti rappresentanti di altrettante Istituzioni e Società di concerti; ringrazia poi in particolare modo il Direttore M.Ferrari dell’Istituto Superiore di Studi Musicali A.Peri di Reggio Emilia che con la Sua presenza testimonia l’attenzione che tale Istituzione rivolge alla formazione di giovani complessi da camera. Data la assenza per un improvviso impedimento di Guido Barbieri, cede la parola a Francesca Zini cui è affidato il ruolo di moderatore della discussione odierna.
Francesca Zini, nell’associarsi ai saluti, ricorda ai presenti che l’appuntamento di oggi nasce dalla precisa volontà, già anticipata lo scorso 4 dicembre 2014, di operare concretamente a favore delle giovani formazioni quartettistiche italiane, facendo innanzitutto leva sulle loro necessità, aspirazioni e individuali percorsi artistici per trasmettere le richieste e le domande emerse al costituendo “nucleo di rappresentanza” qui rappresentato da Antonello Farulli per la Scuola di musica di Fiesole, Vittoria Fontana, per il Corso di perfezionamento per Quartetto d’Archi dell’Accademia Stauffer, Stefano Giacomelli per l’ Accademia Perosi onlus di Biella, Filippo Juvarra per gli Amici della Musica di Padova e Alberto Spano per Pianofortissimo (assente per improrogabili motivi di lavoro Claudio Rastelli degli Amici della Musica Modena). Invita dunque i Quartetti presenti a presentare le proprie testimonianze, con una particolare attenzione volta ad illustrare le eventuali scelte innovative praticate nella loro carriera, per aprire nuovi percorsi, per intensificare i propri momenti di studio e ricerca, coniugando le esigenze artistiche tipiche di un quartetto con quelle della sopravvivenza economica. Da quindi la parola al: Quartetto Guadagnini: a nome del suo gruppo Fabrizio Zoffoli denuncia con un sorriso che forse la più grande follia per lui e i suoi compagni è stato proprio quella di decidere di formare un quartetto d’archi per le enormi difficoltà che normalmente incontra una giovane formazione per l’organizzazione delle prove e la ricerca di scritture. In tal senso risultano preziose le residenze offerte dagli Amici del quartetto reggiani e dal progetto “Le dimore del Quartetto” dell’Associazione P.Farulli; riguardo a scelte artistiche “innovative” ricorda l’esperimento condotto a Bari ove lo spettacolo “Life 45” ha presentato, con maggiore comprensione da parte del pubblico, il quartetto di Smetana e l’op.95 di Beethoven coinvolgendo una compagnia teatrale, esponenti di arte visiva e letteratura.
.Ciò che davvero occorrerebbe ai giovani quartetti sarebbe l’opportunità di poter tenere una serie sufficientemente numerosa di concerti da condursi anche in circuiti “minori” e/o nelle case private per rodare il repertorio. Utile ed importante che si costituisca un nucleo di operatori disponibili a farsi carico delle esigenze artistiche, organizzative ed economiche della decina di quartetti esistenti in Italia e sottolinea il valore della iniziativa degli Amici della Musica di Padova che, in collaborazione con altre realtà, ha aperto un bando per selezionare un giovane quartetto cui offrire una residenza per il 2015/16
Francesca Zini, nel ricordare che le difficoltà esposte da F.Zoffoli sono le medesime che da anni affliggono il mondo del quartetto, riporta le considerazioni espresse da M.Ferrari in merito alla attribuzione di premi nei diversi concorsi che si tengono in Italia e in Europa: più che premi in denaro utile sarebbe assicurare ai primi e secondi classificati un ciclo di concerti, proprio per garantire lo studio, la ricerca, la formazione, il rodaggio del repertorio.
Quartetto Lyskamm: nel confermare le medesime necessità sottolineate da F.Zoffoli, Giorgio Casati indica come la difficoltà più grande sia determinata dal rischio di dispersione: rare, infatti sono le occasioni per studiare, riflettere, approfondire; le pause tra un concerto e l’altro sono utili e preziose e si tratta di organizzare l’aiuto delle istituzioni preposte per consentire ai quartetti di godere in alcuni momenti di condizioni semi-protette. In tal senso molto utile è risultata l’esperienza condotta recentemente a Bordeaux. Francesca Piccioni sottolinea come sia sempre risultato proficuo, nei confronti del pubblico, poter parlare e spiegare prima della esecuzione dal vivo,presentando la storia e le origini del quartetto d’archi e le esperienze personali della propria formazione, in particolare quando ci si trova davanti ad una platea di giovanissimi studenti.
Francesca Zini conferma come nessuno, meglio di chi la suona, possa trasmettere conoscenze ed esperienze sulla musica, tanto più che le conversazioni con il pubblico possono essere modulate a seconda delle fasce di età, cultura, preparazione specifica.
Quartetto Maurice: Giorgia Privitera illustra il percorso seguito dal proprio gruppo. Formatisi nel 2002 dopo il periodo di formazione presso la Scuola di musica di Fiesole, hanno indirizzato l’ approccio classico al repertorio contemporaneo nel quale si sono specializzati, frequentando linguaggi diversissimi tra loro, senza perdere di vista il ‘900 e scegliendo di non affrontare il 7/800: scegliamo in piena autonomia le musiche su cui confrontarci col pubblico, rispettando a pieno la nostra estetica e suonando solo ciò che pensiamo ci rappresenti, più spesso all’estero che in Italia. Anche noi, come il Lyskamm, abbiamo sempre presentato al pubblico le nostre esecuzioni e ne siamo stati ampiamente ripagati. Pur comprendendo la paura da parte degli organizzatori di rassegne concertistiche di puntare esclusivamente sul repertorio contemporaneo, riteniamo che la medicina migliore per diffondere tale scelta, sia quella di dare fiducia al pubblico che a volte si dimostra più disponibile di quanto non crediamo. Riguardo ai tempi di studio e di prova e quindi alle difficoltà logistiche, abbiamo la fortuna di vivere tutti e quattro a Torino dove abbiamo individuato una sede anomala: ci troviamo infatti in un bar ove il proprietario ci ospita gratuitamente. Noi ricambiamo portando pubblico al suo esercizio. Le difficoltà maggiori sono rappresentate dalla assenza in Italia ( al di là del Ministero e del Cidim) di istituzioni che possano garantire le spese di viaggio all’estero, carenza che limita grandemente la possibilità di scambi culturali internazionali.
Francesca Zini ringrazia il Quartetto Maurice per aver sottolineato un punto delicato e “dolente”, quello del repertorio: scelte mirate, in luoghi non convenzionali, approccio molto specialistico? O la solita formula classico/romantico/ contemporaneo, cui il pubblico sembra più abituato? Anche per altri gruppi, come vedremo tra poco, leggendo le testimonianze inviateci dal Quartetto Symposium e dal Prometeo, il repertorio ha costituito un fattore determinante di distinzione.
Quartetto Mitja: ringrazia gli Amici del Quartetto di Reggio per aver offerto l’occasione di un confronto di idee ed esperienze. I Mitja presentano la loro attività attraverso un video che ripercorre, in modo assolutamente autoironico e divertente, le tappe principali del loro percorso: dal rapporto con un amico-vicino di casa-pittore ( che ha suggerito di specializzarsi ma di non perdere il contatto col pubblico ), alla presa d’atto che i giovani raramente si trovano nelle sale da concerto, ma assai più di frequente nelle discoteche nella convinzione che nelle prime ci si annoi, mentre le seconde sono considerate come il tempio del divertimento. Come uscire da questa situazione? Attraverso la realizzazione di veri e propri spettacoli ove tutti i sensi del pubblico, dall’udito, al tatto, all’olfatto, alla vista siano coinvolti in una sorta di celebrazione delle glorie italiane: cibo, arte, musica; o ancora attraverso esperienze didattiche ispirate a quanto si fa alla Scuola di Fiesole: musica per tutti.
Francesca Zini: sottolinea l’importanza dell’invito a coniugare eccellenza musicale e divertimento implicito nella proposta dei Mitja, come esemplarmente dimostrato da una “edizione in chiave quartettistica” dell’inno di Mameli che tutti i partecipanti al convegno hanno cantato a squarciagola.
Quartetto Nous: Alberto Franchin ammette che la follia più grande del loro gruppo è stato di avere iniziato a suonare in formazione di quartetto in età già piuttosto avanzata, incontrando tutte le difficoltà già ricordate dai colleghi. Fortunatamente la decisione di vivere nello stessa città, a Como, nello stesso edificio a corte ci ha consentito non solo di ridurre drasticamente le spese per lo studio e le prove, ma, essendosi creata da parte dei vicini e del padrone di casa una iniziale curiosità, via via trasformatasi in apprezzamento, spesso ci porta ad eseguire dei concerti per tutto il vicinato nella corte dove il proprietario si incarica di organizzare anche il buffet. Questa esperienza, unitamente alla partecipazione al Festival di Mantova “Trame sonore”, ci ha convinto sempre più a riporre fiducia nel pubblico. Durante un corso di formazione a Madrid abbiamo avuto modo di conoscere un corso di studi improntato specificamente sullo studio per quartetto, completamente gratuito, viaggi compresi, il che ci conferma sempre di più nell’idea che praticare le piazze estere sia fondamentale. In tal senso potrebbero essere di aiuto gli Istituti italiani di cultura all’estero, ma una chance in più potrebbe essere quella di stimolare una rete di mecenati privati.
Francesca Zini sottolinea come sia importante riporre fiducia nel pubblico e trova anche interessante l’ipotesi di ricorrere al mecenatismo privato.
Quartetto Taag: il quartetto di recentissima formazione è nato quattro anni fa quando i suoi componenti non avevano ancora terminato l’ottavo anno di conservatorio. La prima esperienza travolgente è stata quella di partecipare a MITO di Torino, con 48 concerti in 8 giorni nei più svariati luoghi, dalle carceri agli ospedali, dalle sale di concerto alle case di riposo. Abbiamo quindi deciso di partecipare al nostro primo concorso che si è concluso felicemente. Dobbiamo all’Accademia Stauffer e alla Scuola di Fiesole le opportunità di studio e approfondimento. Constatando che in Italia i quartetti
cominciano ad essere numerosi, perché non fare rete tra di noi in modo che ciascuno possa invitare i colleghi nella propria città e ricevere in cambio un invito uguale?
Quartetto Fauves: Condividiamo gli interventi del Quartetto Mitja e dei Nous sotto due aspetti fondamentali, il problema di come sollecitare il pubblico e quello di dove reperire le risorse finanziarie. Per quanto ci riguarda ci siamo inventati un progetto che relaziona la musica alla natura: il nostro quartetto suona in una formazione a cinque, in cui il quinto elemento è un albero monumentale la cui linfa, unitamente ai rumori prodotti dagli animali che lo abitano, producono determinate oscillazioni che il computer traduce in suono. L’introduzione biologico-poetica dei nostri concerti è affidata ad un poeta che nello specifico si occupa proprio di alberi monumentali. Questa strategia si è rivelata doppiamente vincente: dal punto di vista del pubblico, poiché riusciamo a raggiungere non solo gli amanti della musica, ma anche gli appassionati dell’ambiente e della natura in genere, da quello finanziario perché siamo riusciti a coinvolgere nel progetto una azienda che produce parquet di legno ( anche per palcoscenici ) in modo eco-sostenibile e tale azienda si fa carico dei nostri viaggia all’estero verso i luoghi dove esistono e sono censiti alberi monumentali. In generale, per reperire risorse crediamo che sarebbe utile creare una rete di Amici del quartetto che possano, come accade a Reggio Emilia, mettere a disposizione le proprie case per alleggerire i costi del soggiorno per studio o concerti e, contemporaneamente, allargare le fasce di pubblico interessate.
Terminati gli interventi dei quartetti presenti, Francesca Zini propone di leggere assieme a Vittoria Fontana i contributi scritti di Prometeo, Symposium e S. Gramaglia
Quartetto Prometeo: Francesco Dillon
Cari amici ,
è un vero peccato non esser con voi a Reggio Emilia in occasione di questa bella iniziativa di incontro e fruttuoso scambio di opinioni.Purtroppo (o per fortuna!) abbiamo proprio oggi un concerto e come tutti voi immaginate, siamo in ritiro di studio da qualche giorno.
Non è facile liberare la mente dai pezzi che stiamo affrontando e approfondendo per l’ennesima volta, si tratta di “compagni di strada” di una vita : Bach, Schumann, Kurtag, per riuscire a scrivere queste poche righe “teoriche”.
Mi perdonerete dunque se questi brevi spunti risulteranno un po’ frammentari e incompleti.
Quello del quartettista, terminato il momento della formazione, dei corsi e dei concorsi, è troppo spesso un percorso con poche possibilità di incrocio e di confronto.
Ecco che la iniziativa degli Amici del Quartetto diventa davvero preziosa e può andare a colmare un vuoto che, in particolare nel nostro paese, rischia di rendere la tradizione del quartetto d’archi, un linguaggio distante e in pericoloso moto contrario con la realtà che ci circonda. Leggendo i nomi dei quartetti presenti al convegno, noi del Prometeo ci riconosciamo sicuramente come parte del gruppo “anziano”, o magari potremmo dire più elegantemente “maturo”, tra gli ensemble chiamati a farne parte. Considerando i primissimi esordi, parliamo infatti di una storia ormai più che ventennale.
Non è dunque facile sintetizzare in poche righe la nostra traiettoria in così tanti anni di attività, di studio, di viaggi e di incontri. Innanzitutto l’equilibrio di quattro voci paritarie è il raggiungimento di un lavoro d’insieme capillare, a volte entusiasmante, altre volte faticoso. Noi intendiamo il quartetto come una forma veramente ‘democratica’, dove ogni voce e personalità si possa trovare realizzata. Non un cammino facile dunque. Perché ciò si realizzi, ognuno deve rinunciare a qualcosa di sé e mettere i propri desideri musicali al centro del dibattito e del processo di prove. Il miracolo è che, se talvolta si fa fatica a ‘digerire’ un’idea musicale altrui, dopo qualche tempo che si suona un pezzo si dimentica magari di chi fosse in origine una scelta che ci era sembrata tanto ‘innaturale’… in questo senso i nostri segreti per una felice convivenza artistica si possono riassumere in: fiducia reciproca, apertura e tolleranza. Inoltre, sicuramente si tratta di un tentativo di fare quartetto in modo libero da ogni forma di prevedibilità estetica e routine interpretativa, aperto nelle collaborazioni come nel repertorio e nella esplorazione di linguaggi più o meno innovativi. Tutto questo non tanto per una ricerca di originalità fine a sé stessa, che risulterebbe forzata, ma piuttosto per una voglia di “interpretare” questa formazione secondo la nostra sensibilità e personalità e per una reale necessità di dialogare sempre con il presente. Ecco che la vera originalità nasce forse dalla ricerca coerente ed è sempre frutto di un approfondimento continuo. Così la frequentazione costante di certo repertorio contemporaneo, l’amicizia e la collaborazione creativa con compositori a noi vicini, sono diventati aspetti sempre più quotidiani e anzi vitali per la crescita del gruppo.
Quello che abbiamo appreso nel lavoro sul “nuovo” è presto diventato un mezzo per rileggere il passato con uno “sguardo innocente”, come l’omonima raccolta saggistica di Roger Shattuck.
Ciò che scoprivamo nell’esplorazione del suono contemporaneo, allargava a dismisura la nostra sensibilità al “colore” musicale e al timbro, mettendo in questione tutto ciò che fino ad allora avevamo dato per scontato. Per fare solo un esempio, la “scoperta” del silenzio in Sciarrino diventava “comprensione” e quindi rilettura delle pause beethoveniane..
Questo percorso non lo abbiamo mai voluto però far diventare a-critico e specialistico.
Abbiamo scelto con apertura, ma con rigore, le musiche che risuonavano in noi e ci accendevano interesse; al tempo stesso abbiamo sempre lottato contro la facile etichetta di specialisti del contemporaneo. Siamo coscienti di aver intrapreso la strada più difficile: quella di abbattere i confini stilistici e le connessioni scontate, di percorrere le vie già battute e sicure, cercando risonanze meno ovvie fra il nuovo e l’antico, verità cangianti nelle pieghe della letteratura quartettistica con il fine ultimo di mantenere vivo e costante lo spirito di ricerca che ci ha guidati fin dagli esordi e che rappresenta il nostro ideale di fare musica insieme.
Ensemble Symposium: Simone Laghi
Gentili Amiche ed Amici del Quartetto,
Abbiamo appreso con vivo interesse delle vostre iniziative dedicate al Quartetto d’archi, e pur essendo oggi impossibilitati per impegni di lavoro ad intervenire di persona, confidiamo di presenziare ai prossimi incontri,al fine di illustrare l’attività dell’Ensemble Symposium.
L’Ensemble Symposium nasce alla fine del 2013ed è un collettivo di musicisti dedicati alla rivalutazione del patrimonio strumentale italiano del 18° Secolo. L’attività musicale procede di pari passo con la ricerca e la rivalutazione del repertorio per quartetto, seguendo le tracce dei compositori Italiani attraverso l’Europa. Nel 2014 abbiamo pubblicato, grazie ad un generoso contributo della Fondazione Teatro Borgatti di Cento, i Sei quartetti per archi di Bartolomeo Campagnoli (1751-1827), conservati in singola copia manoscritta alla Biblioteca Nazionale di Berlino e ritenuti fino al 1997 scomparsi. Insieme alla registrazione, ho personalmente curato l’edizione critica che è in corso di pubblicazione presso la casa editrice A-R Edition (USA).Già nel 2012 avevo curato l’edizione dei Sei Quartetti di Pietro Nardini, e la relativa edizione delle partiture.
La nostra intenzione è quella di sviluppare questa prassi ed applicarla a progetti che avranno come protagonisti compositori come Ferdinando Bertoni,Gabriele Piozzi, Venanzio Rauzzini, Giovanni Francesco Giuliani ed altri ai quali ad oggi è stata negata la sorte di essere studiati e pubblicati. La mancanza di registrazioni e di edizioni pratiche rendono praticamente impossibile la diffusione di questo tipo di repertorio. Fortunatamente, il pregiudizio contro gli autori cosiddetti “minori”non è così forte come si potrebbe immaginare,ed anzi stiamo riscontrando un vivo interesse delle istituzioni verso queste ricerche,che presentano indubbiamente una novità all’interno di un repertorio come quello del quartetto d’archi: repertorio potenzialmente vastissimo ma allo stesso tempo troppo spesso costretto all’interno di confini auto-imposti,dettati dalle richieste delle società di concerti e da un pubblico rassicurato da brani già ascoltati in decine di dischi e centinaia di concerti.
La peculiarità del repertorio italiano Settecentesco per quartetto d’archi è quella di rappresentare non, come viene spesso considerato,un aborto della tradizione Austro-Germanica, ma un genere “altro”, non destinato alle sale da concerto ma alle esecuzioni domestiche, espressione di un linguaggio intimo e sensibile, consciamente e volontariamente lontano dagli echi dello sturm und drang. Come già individuato da Fausto Torrefranca nel suo Avviamento alla storia del Quartetto Italiano, pubblicato postumo nell’Approdo Musicale n. 23 del 1966, il genere del quartetto italiano ha una sua dignità che è stata troppo spesso relegata ad una condizione di marginalità, e merita di essere recuperata.
Mi riservo di sviluppare la trattazione di queste argomentazioni all’interno della tesi di dottorato che sto completando presso l’Università di Cardiff, in Galles. Tuttavia vorrei concludere riassumendo in alcuni brevi punti l’importanza della rivalutazione del repertorio Italiano per quartetto:
Conservazione del patrimonio musicale nazionale(come già avviene in Francia, Inghilterra e Spagna, ove l’interesse per la musica nazionale ha creato opportunità di studio e di dialogo);
Redazione di edizioni pratiche, al fine di permettere ai musicisti di approcciarsi al genere;
Analisi delle reciproche influenze fra repertorio germanico ed italiano, e adeguata contestualizzazione storica.
Scopo didattico: la linearità del repertorio italiano rappresenta un ottimo strumento per sviluppare lo studio della musica d’insieme. I giovani musicisti possono infatti affrontare questo repertorio,che contiene brani di musica da camera di difficoltà graduale, concentrandosi principalmente sulla complessità dell’atto del “suonare insieme”.
Ampliamento del repertorio e creazione di interesse da parte del pubblico e delle istituzioni didattiche e concertistiche, al fine di rivitalizzare tutto il movimento quartettistico nel suo complesso, aprendo alle novità e ad approcci di vario genere che evitino la stagnazione all’interno di un repertorio limitato, approcciato con modalità di esecuzione “di tradizione”.
Concludo inviando i saluti dell’Ensemble Symposiuma tutti i partecipanti ed in particolare ai colleghi quartettisti,augurando un buono svolgimento dei lavori.
Quartetto di Cremona: Simone Gramaglia
Carissime amiche ed amici,
Sapere che oggi si sta parlando e discutendo di quartetto non può che essere una bella notizia.
Avrei voluto essere presente anche a questo convegno per stare insieme ai miei colleghi ma anche ai violisti, a volte, capita di dover suonare….
Spero che da questo incontro possano uscire idee, proposte e fatti concreti utili. Soprattutto questi ultimi sono quelli che più mi stanno a cuore e di cui più c’è bisogno perché, sappiamo bene tutti, per sopravvivere un quartetto ha bisogno di cose concrete: un buon training possibilmente gratuito, borse di studio, contatti internazionali, luoghi che possano ospitare i gruppi e concerti. Personalmente sto lavorando, insieme ai miei colleghi e a molte persone di buona volontà, per contribuire alla realizzazione di questi aspetti e sto cercando di farlo nel modo più aperto e collaborativo possibile.
Le realtà autoreferenziali non mi interessano perché sono fallimentari, sono destinate a rimanere isolate e hanno fatto il loro tempo.
Nel concreto ecco alcuni risultati:
– Accademia Stauffer con il corso di quartetto gratuito
– collaborazione e/o contatti in corso con Ecma, Ecmta, ProQuartet, Lubecca, Madrid, Vienna (Isa Festival) per segnalare i gruppi italiani e creare, nel tempo, un network internazionale in cui il quartettismo italiano non sia il solito fanalino di coda.
– Collaborazione con l’Associazione Piero Farulli, un vero e proprio gioiello che va aiutato e sostenuto da tutti noi perché in modo intelligente e trasversale sta sensibilizzando in Italia ambienti che potrebbero dare molto al nostro mondo.
Il progetto Dimore Storiche è il risultato della sensibilizzazione di uno di questi ambienti.
Altra attività dell’Associazione sono poi il concorso internazionale per giovanissimi quartetti che si svolgerà a Cremona il prossimo anno ed il concorso internazionale di composizione di un quartetto d’archi destinato a giovani esecutori che avrà presto luogo a Firenze e che ha avuto una straordinaria adesione da tutto il mondo.
– È in essere un rapporto di collaborazione particolare con il consorzio dei liutai cremonesi per chi volesse provare strumenti e archi anche solo per confrontarli con i propri.
– Il collezionista e commerciante piemontese Gianni Accornero si è reso disponibile, con la sua esperienza, a fare il possibile per aiutare e sostenere giovani strumentisti: ha da poco prestato un intero quartetto Fagnola al QGuadagnini
– Collaborazione con la Filarmonica Laudamo che, nei prossimi tre anni, ospiterà ogni due giovani quartetti
Molte altre cose sono in lavorazione con diverse realtà italiane.
È chiaro poi che ogni quartetto ha e deve avere un proprio percorso e che pensare di costituire una “comune dei quartetti” ha, secondo me, poco senso.
Lavorare però perché anche in Italia si arrivi, finalmente, ad avere un sistema di sostegno per chi studia e poi si distingue per merito nell’ambito del quartettismo è sacrosanto.
Per come la vedo io la cosa più importante è quella di coordinarsi e confrontarsi cercando ogni volta di raggiungere un risultato concreto che vada ad aggiungersi a quello che di positivo già c’è.
Ed è molto:
In Italia abbiamo uno dei più grandi concorsi internazionali di quartetto, proprio qui a Reggio e ben gestito dal dir. art. Fasolo; abbiamo Accademie e Scuole che possono offrire una preparazione eccellente, abbiamo istituzioni preziose come il Cidim, Abbiamo una grande Radio, importanti e storiche società di concerti e festival. E in più abbiamo persone che hanno desiderio di offrire e offrono entusiasmo, competenza, opportunità, aiuti economici….
Esopo scrive di stare attenti a non perdere la sostanza mentre si afferra l’ombra.
Per me l’ombra sono il pessimismo, l’inerzia, l’autoreferenzialismo, la polemica fine a se stessa e la mancanza di visione.
La musica ha bisogno di entusiasmo, amore e lavoro.
Ai mie bravissimi “giovani colleghi” dico solo di non mollare, di crederci e di continuare a lavorare. E, se può servire, contate pure su di me.
Un caro saluto.
Adriana Verchiani e Francesca Traxler, rispettivamente Presidente e Vicepresidente della Associazione Pitro Farulli, presentano in un breve video il progetto “Le dimore del quartetto”, una straordinaria opportunità per i giovani quartetti di trascorrere brevi periodi di studio nelle dimore storiche messe a disposizione dagli aderenti all’iniziativa. In cambio della ospitalità i quartetti offrono al termine del soggiorno un concerto per gli ospiti, esperienza in qualche modo analoga a quella condotta dagli Amici del Quartetto.
Terminata questa prima parte, su proposta di Francesca Zini e Anna Pozzi si insedia per acclamazione il nucleo di rappresentanza di cui in premessa e costituito da:
6. Scuola di musica di Fiesole: Antonello Farulli
7. Corso di perfezionamento per Quartetto d’Archi dell’Accademia Stauffer: Vittoria Fontana
8. Accademia Perosi onlus di Biella: Stefano Giacomelli
9. Amici della Musica Padova: Filippo Juvarra
10. Pianofortissimo: Alberto Spano
Si riportano qui di seguito i loro interventi:
Antonello Farulli sottolinea la vitalità e la positività degli interventi dei quartetti. I loro contributi mostrano una felice consapevolezza della situazione affiancata da una notevolissima capacità di reagire.
Dal punto di vista artistico e della proposta, afferma poi, ci troviamo in una situazione che definisce Post-beethoveniana, ovvero in quel sentimento di inadeguatezza che colpì i musicisti dopo la scomparsa del grande compositore. In realtà molto, moltissimo resta da realizzare, rispetto alle indicazioni coraggiose di chi ci ha preceduto, con particolare riferimento al Quartetto Italiano. Non è comunque dallo Stato che il mondo musicale può sperare di avere un aiuto organizzato e sistematico.
Pertanto le iniziative dei giovani quartetti che si sono espressi sono il segno di questa rinnovata capacità di esistere e di dire una propria parola. La Scuola di Musica di Fiesole con specifico riferimento all’Accademia del Quartetto in collaborazione con l’European Chamber Music Academy, è a disposizione per la costituzione di una consulta (come la si voglia chiamare) che veda riunite le associazioni ed i soggetti sul territorio che, a partire da ciò che ci unisce, desiderino creare un circuito
concertistico a favore di questi ensamble.
Vittoria Fontana: “La parola ai quartetti” è stato, dal mio punto di vista, forse il momento più significativo del convegno dedicato al Quartetto d’archi, promosso dall’Associazione Amici del Quartetto “Guido Borciani”. Poter ascoltare dalla viva voce dei diretti interessati le loro esperienze, le loro difficoltà, le loro abilità nell’affrontare ogni situazione (problematica e non), è stato istruttivo e formativo. Ed è giusto che Accademie ed Istituzioni Concertistiche vengano sensibilizzate sui sacrifici che i giovani quartetti in Italia affrontano pur di studiare ed esibirsi.A tal proposito sarebbe interessante che le Accademie potessero confrontarsi sull’organizzazione dei propri corsi e sulle diverse esperienze dei propri allievi: ciò potrebbe essere utile per imparare nuove strategie e per mettere a fuoco problematiche sempre nuove a cui porre rimedio per facilitare l’accesso degli studenti alle varie realtà didattiche. In qualità di coordinatrice del Corso di Perfezionamento per Quartetto d’Archi dell’Accademia Stauffer ho volentieri invitato i colleghi delle altre Accademie presenti al Convegno ad intervenire alle lezioni a Cremona ed ho accettato con piacere gli inviti giunti dagli altri. Allo stesso tempo ho rivolto e rinnovato l’invito a seguire le giornate di lezione a Cremona anche ai rappresentanti delle Istituzioni Concertistiche: in questo modo verrebbero a diretto contatto con la realtà quotidiana della didattica e dei piccoli grandi problemi che ciascun quartetto affronta. Allo stesso tempo avrebbero forse un’immagine più chiara della grande motivazione che spinge strumentisti di tutta Italia ad unirsi in gruppi da camera. In conclusione, per quanto concerne il sostegno da offrire ai giovane quartetti, è comprensibile che le Istituzioni Concertistiche possano avere diverse motivazioni per scritturare o meno un giovane quartetto italiano, ma certamente le Accademie di una certa rilevanza nazionale dovrebbero fare rete per sostenere i propri ensemble e in generale il desiderio di fare musica da camera, che in Italia è più vivo che mai.
Filippo Juvarra (direttore artistico della Associazione Amici della Musica di Padova) interviene per presentare la recente iniziativa del” Bando di selezione nazionale per giovani quartetti d’archi italiani ” realizzata in collaborazione con CIDIM /Roma, Associazione Veneta Amici della Musica (AVAM ) e l’Associazione Amici del Quartetto “Guido A. Borciani “. E’ una iniziativa volta alla individuazione di un quartetto “residente “presso gli Amici della Musica di Padova per il biennio 2016-2017.Una iniziativa che riconferma l’attenzione della stessa associazione ai nuovi talenti (sia a livello internazionale che nazionale ) e al rinnovamento nelle proprie stagioni concertistiche , aperte alle nuove formazioni e ai nuovi repertori. E’ un impegno che da sempre gli Amici della Musica perseguono, nell’ottica anche della sinergia e delle collaborazioni al livello nazionale, con un ruolo attivo anche nella elaborazione di diversi progetti rivolti ai giovani avviati nel corso degli anni dal CIDIM (Nuove Carriere ,Il suono giovane).Ed è per la condivisione di questo spirito di ricerca che gli Amici della Musica di Padova hanno aderito alla iniziativa promossa dall’Associazione Amici del Quartetto “Guido A.Borciani “ e confidano che la rete così creata possa portare attenzione ulteriore allo sviluppo della cultura del quartetto in Italia.
Stefano Giacomelli (Direttore artistico Accademia Perosi onlus Biella). Ho pensato molto su quale taglio dare al mio intervento.Speranzoso del fatto che molti dei musicisti e direttori artistici invitati, avrebbero condiviso ed esposto le proprie esperienze artistiche, arricchendo il dibattito con utili riflessioni e suggerimenti, ho provato a concentrarmi su ciò che è e su come si sia modificato il mercato della musica, e dunque del Quartetto, negli ultimi anni. Giocando come voi sulle parole (Allegro molto: la parola ai quartetti, Andantino, quasi un poco allegretto: proposte e dibattito¦), mi sono divertito nominando questo possibile soggetto coordinatore e interlocutore, Camera Nazionale del Quartetto. Non nascondo che la provenienza da una terra, quella Biellese, dove molto dipende dal riuscire a fare sistema per promuovere il Made in Italy del tessile, e la Camera della Moda aiuta a scandire gli appuntamenti della vita quotidiana, abbia influito su questo spiritoso gioco di parole.Tuttavia ritengo che una acronimo, una sigla un specie di titolo possa e debba essere il punto di riferimento privilegiato per valorizzare e promuovere i giovani quartetti italiani appunto. Così, continuando nel ragionamento per dotarsi di una strategia, ho iniziato a mettere nero su bianco i titoli principali dei temi che si dovrebbero, a mio avviso sviluppare. Per disegnare un modello di attività da mettere in atto per supportare i giovani Quartetti Italiani credo si debba definire: cosa vogliamo fare, o siamo in grado di fare,quanto tempo ci diamo e, quale potrebbe essere il budget a disposizione. Per questo motivo mi sono posto una serie di domande da condividere per poter raggiungere gli obiettivi prefissati:
A chi ci rivolgiamo? Associazioni nazionali oppure anche a enti internazionali? Conosciamo il mercato? Come si è¨ mosso in questi ultimissimi anni?
Canali di distribuzione dei Quartetti: Manager e segretariati artistici, Produzione dei demo video discografici, Community management (Social network)
Relazioni con gli enti: Nucleo di rappresentanza (Camera del Quartetto) che si relaziona e cooordina i settori
Attività chiave: Community management (Social network), News letter, Web Site, Ufficio Stampa, Pubblicità Partners: Concorsi, Accademie/Scuole, Legame con la Critica e coinvolgimento dei giornalisti
Obiettivi finali: Dare un supporto ai Quartetti discutendo i progetti, i programmi e le scadenze. Creare opportunità di lavoro. Nello specifico, relativamente alla promozione, io affronterei il lavoro dividendolo in 4 azioni: . Quartetto (visto come prodotto).
- Cosa chiede il mercato ai quartetti ed ai musicisti in genere. Individuare cosa lo differenzia dalla concorrenza? Quale cachet? Definizione di un range di cachet, per un certo periodo, per fare in modo che si possa diffondere con più facilità l’informazione che se si investe sui giovani si può dare un certo tipo di “prodotto”.. Quali sono i clienti di riferimento? In che misura sono sensibili al prezzo?
- Promozione: agire sulla leva della comunicazione, cioè¨su tutte le azioni atte far conoscere ed apprezzare i nostri quartetti. Dove, come e quando comunicare i nostri messaggi promozionali? Come gesticono la comunicazione i nostri concorrenti? Cioè¨ gli altri enti esteri?
- Alleanze. Incrementazione delle visualizzazioni sulle piattaforme social già esistenti (es.: facebook e youtube) e se necessario creare pagine su altre piattaforme (twitter, pinterest, instagram) Dove
- Dove e come si possono trovare i migliori Quartetti italiani? Come dobbiamo agire per trovare i giusti canali di distribuzione?
Alberto Spano (Dir. Artistico d Pianofortissimo)
Potrà sembrare strano che nel momento in cui vengo presentato come direttore artistico di un festival che si intitola “Pianofortissimo”, io venga eletto in una commissione che si occupa di quartetti d’archi. In realtà sia come giornalista che come produttore discografico e responsabile di festival mi sono occupato molto in passato di quartetti, soprattutto quando ero direttore del Festival Internazionale Santo Stefano di Bologna, un’importante rassegna di musica da camera che si è svolta nei chiostri del complesso di Santo Stefano di Bologna (le famose Sette Chiese) per ventiquattro edizioni consecutive, dal 1989 al 2012. Riguardando i programmi vengo a scoprire che vi ho invitato alcuni dei migliori quartetti degli ultimi anni, alcuni per più di un’edizione. Ecco l’elenco preciso in ordine alfabetico: Quartetto Academia, Quartetto Bernini, Quartetto Borciani, Quartetto di Torino, Quartetto di Venezia, Quartetto di Verona, Quartetto di Cremona, Quartetto di Fiesole, Quartetto Foné, Quartetto Proscenio, Quartetto Savinio, Quartetto Stauffer, Quartetto Wihan.
Pensandoci bene, oggi mi accorgo amaramente che la metà di questi quartetti non esistono più, cioè si sono sciolti. Ecco dunque il problema fondamentale per un quartetto: quello di durare nel tempo. Sappiamo bene quanto sia difficile formare un buon quartetto, quanti sacrifici bisogna affrontare, quanto ore di studio, quanta abnegazione, quanto duro lavoro, spesso un lavoro apparentemente fine a se stesso vista la difficoltà di emergere e di fare carriera. Carriera che è quasi sempre un miraggio per molti, per la maggioranza. Quanti sogni, quante aspettative, quanti sacrifici, quanta fatica fra i 20 e i 30 anni, gli anni classici della formazione di un quartetto, e poi quante delusioni, quante rinunce, quante speranze disattese negli anni successivi. I casi della vita, i problemi personali di ognuno, le diverse aspettative di carriera, i problemi economici, la scarsità di concerti, il lavoro in orchestra, le sensibilità, la didattica, gli spostamenti, i problemi familiari, i diversi stili di vita… Sembra che tutto congiuri contro la vita di un quartetto, sembra quasi che la vita stessa sia contraria alla vita di un quartetto.
Come discografico ho avuto la fortuna di produrre uno dei più bei dischi cameristici italiani degli ultimi anni, e ricordo bene un episodio di quella per me storica registrazione. Col Quartetto Fonè stavo registrando a Lugano il Quintetto per archi in do maggiore di Franz Schubert: al secondo violoncello c’era nientemeno che Franco Rossi, il violoncellista del Quartetto Italiano. Le registrazione in studio arrivava al termine di una meravigliosa tournée nei maggiori teatri italiani. Erano esattamente i primi giorni del marzo 1992, 23 anni fa. Furono per me quattro giorni eccezionali: Franco Rossi era all’apice della sua maturità interpretativa, e aveva una forza e una disciplina “mostruosa”. Quando toccava il suo violoncello Maggini (che oggi è nelle mani di Mario Brunello) la musica vibrava in una maniera che aveva dell’incredibile, e i giovani archi del Fonè, formatisi quartettisticamente sotto la sua lezione, sembravano una sua diretta emanazione. Io e il Tonmeister Jochen Gootschall eravamo increduli, non ci sembrava quasi vero quello che stavamo ascoltando, e ci guardavamo spesso con occhiate estatiche. Il disco conobbe un enorme successo, e posso dire che è una delle registrazioni “di riferimento” di questo capolavoro, che si usa citare quando si fanno confronti discografici. In particolare è ancora sconvolgente la lentezza dell’Adagio: oltre 16 minuti, credo un record assoluto. Eppure c’è una tensione musicale, quasi spasmodica, che ne fa dimenticare l’estrema lentezza. Un disco capolavoro, lo posso dire con orgoglio. Ebbene, verso la fine di quelle per me esaltanti sessioni di registrazione, mi accorsi che il giovane violista del quartetto piangeva. Con discrezione chiesi agli altri in una pausa come mai si commuoveva così tanto, poiché ero abbastanza preoccupato per la sua salute e nello stesso tempo ero sorpreso da tanta sensibilità musicale. Con altrettanta discrezione mi fu rivelato che non c’erano problemi di sorta, che stava benissimo. Ma che piangeva come un bambino perché si rendeva conto che erano le ultime sessioni di registrazione, le ultime note che lui avrebbe suonato con quella formazione, poiché una volta terminato il disco, lui avrebbe lasciato definitivamente il quartetto per motivi personali. Così avvenne. Da lì in avanti si avvicendarono al suo posto altri musicisti bravissimi, ma il quartetto non fu più lo stesso. Mai più. Ricordo con commozione quelle lacrime, lacrime di vero dolore di un musicista che sapeva che un grande sogno della sua vita stava per infrangersi per sempre.
Questo ricordo lo voglio però oggi accostare a un episodio altrettanto forte occorsomi nella mia ahimè lunga esperienza nel settore: mi scuso per per l’aneddotica personale, ma questa volta può tornarmi utile per lanciare un’idea per tutti i giovani quartetti che qui ci stanno ascoltando.
Stavo intervistando il leggendario violoncellista del Quartetto Borodin, Valentin Berlinsky, durante un concerto a Portogruaro. Avevo davanti un pezzo di storia ed ero particolarmente emozionato. Pensate, il Quartetto Borodin formatosi nel 1945 al conservatorio di Mosca, che ha eseguito straordinariamente tutti i quartetti di Shostakovich sotto egida, li ha registrati integralmemtne per ben due volte per la Emi e la Teldec, e li sta di nuovo registrando ora con l’attuale formazione per la Decca. Berlinsky mi raccontava dei primi anni, dei sacrifici, del rapporto con Shostakovich, dei concerti con Sviatoslav Richter. Mi sentivo quasi schiacciato da tanto passato, e dovevo sembrare quasi insolente nelle mie domande. Ad un certo punto chiesi quale fosse il segreto del Quartetto Borodin, e di questa sua incredibile longevità. Berlinsky mi guardò fisso negli occhi: “lo vuole veramente sapere?”, mi chiese. Sì, Maestro. Berlinsky tirò fuori dalla tasca dei pantaloni il suo portafogli, un classico vecchio portafogli di cuoio nero sdrucito. Lo aprì, e rovistando non poco ne estrasse un vecchissimo foglio giallo, piegato in quattro parti. Lo aprì e me lo mostrò. Era scritto a macchina in caratteri cirillici, per me ovviamente illeggibili. “Sa cos’è? È Il contratto del Quartetto Borodin, con i nostri dieci comandamenti, che firmammo nel 1945”. Me li lesse tutti: si andava dalle ore di studio che si dovevano fare tutti i giorni, alle regole sul repertorio, sul come e dove studiare, sul come e dove accettare i concerti, sul come comportarsi in pubblico, come vestirsi, etc. Il testo di questo documento eccezionale è stato pubblicato da qualche parte. Insomma i dieci comandamenti assoluti da rispettare per sempre. Seguivano le firme, tutte per me illeggibili e abbastanza sbiadite. “Guardi bene le firme, Spano”. Capii che l’inchiostro era strano, non era certo un inchiostro normale, e il colore non era molto definito: uno strano marroncino scuro. Che inchiostro è? “Il nostro sangue”, mi rispose Berlinksy. “Al momento di firmare ci ferimmo con un coltello e intingemmo la puntina nel nostro stesso sangue. Questo è il segreto del Quartetto Borodin!” E mi fissò con uno sguardo fiero.
Cari ragazzi, non vi consiglio di ferirvi e firmare a sangue il vostro contratto, ma cercate di firmare a sangue virtualmente il vostro futuro. Credeteci molto, come ci credettero i componenti del Quartetto Borodin. Questo è l’unica cosa che mi sento ora di dirvi.
Alle ore 13.30, terminati gli interventi e insidiatosi formalmente il nucleo di rappresentanza di cui sopra la seduta è tolta.